Com’è cambiato il mercato del lavoro?

Il primo decennio del nuovo millenio.

Con il Consiglio europeo di Lisbona (2000) viene per la prima volta a delinearsi una strategia europea dell’occupazione fondata sullo sviluppo di quattro dimensioni assolutamente critiche. Si tratta, in primo luogo, della occupabilità, intesa come un insieme di conoscenze e di strumenti tecnico professionali finalizzati a consentire ai giovani migliori possibilità di fronteggiamento della complessità e delle sfide del mercato del lavoro (globale). Insieme alla occupabilità, un secondo punto essenziale è costituito dallo sviluppo dell’imprenditorialità, nel significato di effettivo supporto allo start up di nuove imprese, ma anche della contemporanea creazione di una mentalità orientata ad “intraprendere”.

Un punto ulteriore era individuato nel rinforzo dell’adattabilità individuale, quale presupposto necessario per cogliere le sfide poste da un mercato sempre più flessibile e dinamico. Da ultimo, il Consiglio di Lisbona ribadisce il tema delle pari opportunità, da garantire a tutti lottando contro ogni tipo di discriminazione. Questa strategia è poi stata ripresa dal Consiglio di Barcellona (2002) , che ha individuato specifici obiettivi che avrebbero dovuto trovare attuazione da parte dei paesi membri: in primo luogo, accrescere il tasso di occupazione, portandolo entro il 2010 al 70% complessivo e per le donne al 60%, mentre per le persone tra i 55 e i 64 anni l’obiettivo è di raggiungere il 50%. Un secondo obiettivo consiste nel migliorare la qualità e la produttività del lavoro intervenendo sia sul lavoro e sulla sua organizzazione in senso stretto, sia migliorando la prestazione attraverso la formazione, l’acquisizione e l’aggiornamento delle competenze, la sicurezza e la salute lavorativa, lo sviluppo della carriera professionale. Da ultimo, è stato posto con forza l’obiettivo di rinforzare la coesione e di promuovere l’integrazione sociale, rimuovendo discriminazioni tutt’ora presenti nel Mercato del Lavoro (MdL).

L e misure volte al conseguimento di questi obiettivi passano attraverso le diverse legislazioni nazionali che dovrebbero prevedere provvedimenti idonei ad assicurare una flessibilità regolata del MdL; la definizione, anche sotto il profilo normativo, di nuove tipologie contrattuali e, soprattutto, l’adozione da parte dei paesi membri di programmi e di progetti di intervento nel mercato attraverso politiche attive del lavoro. Gli effetti complessivi di questa strategia delineano uno scenario nuovo nel rapporto “contrattuale” tra individuo ed organizzazione. Gli effetti complessivi di questa strategia delineano uno scenario nuovo nel rapporto “contrattuale” tra individuo ed organizzazione. Non tanto e non solo, ovviamente, sotto il profilo normativo e formale, dove peraltro abbiamo assistito, attraverso provvedimenti successivi di “liberalizzazione”, a radicali innovazioni nelle fattispecie di lavoro subordinato e non; quanto sotto il profilo psicologico, giacché, nel contesto che progressivamente è andato delineandosi, sono venuti meno – e, continuiamo a dire, per sempre – molti dei tradizionali parametri sui quali si fondavano le relazioni infraorganizzative.

Autore di questo articolo è Giorgio Sangiorgi, Professore di Psicologia delle Organizzazioni e creatore di MITO

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