Tutto orienta.

L’importanza della figura dell’orientatore.

Tutto orienta. Tante cose, tanti aiuti, tanti tipi di aiuto possono rivelarsi utili, provvidenziali per colui che, in un momento critico o di difficoltà della propria vita, si trova a dover assumere l’iniziativa e la responsabilità di una scelta o di un cambiamento. E, correlativamente, molti soggetti, con molti ruoli diversi, possono trovarsi nella condizione e nella possibilità di offrire il proprio aiuto.
Niente di male, anzi gli psicologi dovrebbero forse guardare con maggior favore il contributo – importante e in molti casi unico – e la disponibilità di questi numerosi attori. Anzi, è proprio in relazione a questi contributi che non si può non ribadire la necessità della acquisizione di competenze psicologiche per lo meno in tutti coloro che, in ragione della propria attività professionale, si trovano ad avere relazioni significative con soggetti in situazione critica o difficile.

Ma l’orientamento non può essere confuso con generiche manifestazioni di solidarietà, con il buon senso, con una prospettiva, ad esempio, pedagogica più attenta allo sviluppo del soggetto ed alle sue fasi evolutive, con la tensione che anima gli operatori sociali e di comunità, alla ricerca del “reinserimento” sociale o lavorativo di quanti sono affidati al loro impegno, con la disponibilità di molti addetti agli sportelli di centri di ascolto, di accoglienza, di informazione, di placement.
L’orientamento, invece, deve essere ricondotto ad un intervento specifico, sviluppato da professionisti qualificati che obbediscono a precisi canoni deontologici e che adottano criteri, metodologie e strumenti scientificamente corretti. Che non sovrappongono la relazione orientativa con altre, pur importanti, relazioni. Pur senza pretendere di proporre particolari ortodossie, ma sulla base di un consenso ormai veramente allargato sia sul piano scientifico che professionale, giova rammentare che l’orientamento può essere definito come una relazione di aiuto focalizzata sulle risorse interne del Cliente con l’obiettivo di supportarlo nelle decisioni che dovrà assumere nei confronti delle fasi o dei momenti critici del proprio sviluppo personale o professionale.

Più in particolare, l’orientamento si riferisce ad una vasta gamma di attività – quali ad esempio rispondere a bisogni di conoscenza del contesto, svolgere attività di counselling, assessment, ricostruzione dei percorsi di sviluppo del Cliente, mentoring, supportare i processi decisionali – che mette in grado il Cliente, indipendentemente dall’età ed in ogni momento della sua vita, di: identificare le proprie capacità, competenze ed interessi, assumere decisioni corrette in relazione alla propria formazione, al proprio sviluppo ed alla propria occupazione e infine gestire “lifelong” le proprie risorse personali nelle situazioni di apprendimento, di lavoro e negli altri contesti nei quali queste capacità e competenze sono apprese o utilizzate.

Si notino tre elementi essenziali:

  • la nozione di relazione d’aiuto, che rimanda ad una prospettiva di orientamento responsabilizzante e teso a mettere il Cliente in condizione di operare le proprie scelte con il massimo di autonomia possibile. Cioè ad un orientamento non diagnostico, interpretativo, predittivo, bensì autoesplorativo (assessment e self assessment), trasformativo, contestualizzato;
  • l’ampiezza delle modalità concrete che l’intervento di orientamento può assumere e che esprime la costante preoccupazione dei counsellor di calibrare, sia sotto il profilo metodologico che in relazione al contesto, l’intervento stesso sugli effettivi bisogni dei Clienti. Questo spiega la ragione per la quale i protocolli operativi relativi alle varie attività, generalmente riconosciuti, sono di fatto utilizzati in procedure complessivamente diversificate ed articolate;
  • il concetto di “life long” e cioè di “arco di vita”. L’orientamento respinge cioè la settorializzazione per fasce di età o per tipologie di clienti, naturalmente non escludendo specificità o avvertenze metodologiche, per considerare, con un approccio omogeneo, la problematica del soggetto nel suo insieme e nel suo processo evolutivo personale, sociale, lavorativo.
Autore di questo articolo è Giorgio Sangiorgi, Professore di Psicologia delle Organizzazioni e creatore di MITO

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